San Rocco, il cane e il pane


Il mondo sussiste per l’intelligenza del cane.
Zarathustra nell’Avesta, testo sacro della religione mazdeista
Beati i costruttori di pane.
In tutta l’iconografia san Rocco, tranne in una immagine che adesso non ricordo, è rappresentato con il cane Oreste o Reste; preferisco Reste, che fa più Rex ma evoca anche Rusty di Rin Tin tin e non ha niente a che fare con lo sdolcinato Lassie, i due cani della nostra infanzia che hanno allevato la nostra fantasia in bianco e nero.
47 commenti | Stampa | Invia per e-mail | Condividi su FacebookCanzone della Rabata

La Rabata è tutta ruvinata
Andiamo facendo o frate o frate.
Promettono le strade e le latrine
Poi fanno le chiazzette a l'assassine.
Adda fernesce sta cuccagne
E se non ce volite sta
Le mazzate hann'a' cammina.
Ce chiammeno zulù e beduine
Ca nuie mangiamme assieme le galline.
Int'a' Rabata non ce so signore
Nun c'è Turati né Santoro
Nuie simme a' mamma d'a' bellezza
Nun simme né trifugghie e neanche avezza.
Voi che fate l'intelligente
Non capite proprio niente.
Se non fosse pe' li cafoni
Ve mangiassive li cuglioni.
Citto citto

Cagliari, Lecce, Matera, Perugia, Ravenna, Siena.
Domani, venerdì 17 ottobre 2014, alle ore 17, si saprà chi sarà la capitale europea della cultura 2019.
Un'opportunità unica. In bocca al lupo a Matera, a tutti noi!
I soprannomi contadini condensano nel giro di un'immagine un episodio saliente della biografia personale o un tratto fisico o un aspetto del carattere, e per questa loro risoluzione fantastica dei fatti dell'esistenza sfiorano talora la poesia.
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di Montescaglioso, locandina per il programma culturale di agosto.
Mauro Bubbico, 2014.
"Fronda d'ulivo" è una canzone epico-lirica il cui centro di origine è probabilmente da ricercarsi nell'Italia centrale e la cui area di diffusione sinora accertata si spinge nel nord fino in Romagna e in Istria e nel sud fino alla Puglia e alla Basilicata. Nella versione lucana, la protagonista "Fronda d'ulivo", nonostante sia innamorata di Cundu Scielle, riceve dal padre l'imposizione di disporsi alle nozze con Cuntu Maggi. Scapperà la prima notte di nozze per raggiungere il suo amato.
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Negli ultimi anni un crescente numero di persone ha cominciato a dedicarsi alla narrazione del nostro territorio soprattutto attraverso la forma del racconto o del romanzo. Personalmente credo che questo sia un fatto positivo, un elemento che dà la misura dell'attaccamento alla propria terra e alla propria storia. Non ci si interessa a ciò che ci è indifferente, a ciò che non sentiamo. Ben vengano quindi tante altre opere di ispirazione paesana o regionale. C'è posto per tutti.
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San Rocco era un pellegrino, ossia uno "straniero".
Un pellegrino, cioé uno straniero, è il patrono del mio paese, quindi: straordinario, anzi miracoloso.
Peregrinando peregrinando, attraversando campi e percorrendo tratturi, Rocco diventò Santo in terra straniera – nemo sanctu in patria? – in un epoca abbastanza buia, quando il diritto internazionale delle genti era affidato alla buona fede.
Quel che resta fuori dall'inquadratura


Lungofiume rappresenta un progetto di ricerca sul paesaggio della Valmarecchia e del fiume omonimo "Marecchia" situato nella provincia di Rimini, Italia. Incontrare l'idea di un luogo significa cercare le tracce delle suggestioni nelle immagini realizzate, e non nei luoghi fotografati.
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Odio mia madre

Si presentano qui le pagine di apertura del romanzo inedito Con il fritto nei capelli di Giovanna De Simone, che ha concorso alla prima edizione, tenutasi questo anno, del Premio letterario Matarazzo organizzato dalla Pro Loco di Montescaglioso.
Si tratta di una narrazione quasi esclusivamente al femminile poiché la scena è prepotentemente occupata dalla protagonista, Tina, e dalla di lei odiatissima, a parole, madre. Una madre regina della cucina e detentrice di saperi culinari, senso pratico e pregiudizi da terrona che non ha nessuna voglia di integrarsi nella città del Nord dove vive da una trentina di anni e dalla quale la protagonista crede di volersi emancipare detestando tutto ciò che questa fa dice, pensa. Per lo meno fino a quando...
Un romanzo che ben rappresenta la condizione, e le contraddizioni, della generazione tardo-adolescianziale dei trenta-quarantenni attuali e che si legge con piacere e divertimento.
Odio mia madre.
Odio quella sua parlata meridionale anche se è trent'anni – trent'anni cazzo – che abitiamo al Nord e lei è ancora lì che non si fa capire al telefono, che inventa le parole, che pretende che solo la sua sia la maniera giusta di parlare.
Odio il suo modo di vestire un po' da mercato, un po' al passo con la moda ma presa in maniera sobria, odio i suoi twin-set coordinati a pantaloni rigorosamente con zip laterale, odio le sue scarpe basse Valleverde, le sue calze San Pellegrino colore Daino 4°misura, i suoi foularini blu o a pallini bianchi e blu.
Odio l'oro, i collier, gli anelli a più strati sulle dita, l'orologio a maglia fina, le collanine con medagliette di santi inutili, gli orecchini
a clips perché le si sono chiusi i buchi vent'anni fa e lei ha la pelle così sensibile che tutto le fa infezione.
Odio le sue sopracciglia disegnate ad arco tutti i giorni con la pinzetta, i fondotinta troppo scuri, il rossetto color mattone, le matite per le labbra e mi viene la nausea a sentire solo l'odore di Chanel numero 5.
Arriva la festa: tasca vuota e mal di testa

San Rocco voglio farti la festa, devo farti la festa, a tutti i costi.
Io speriamo che abbassino i prezzi: quelli dell'illuminazione, i fuochi e le bande "sonore". E il "foglio"?
Andiamo in ordine.