L'uomo è l'animale più pericoloso

Maschera disegnata e cucita direttamente dall'autore.
La fotografia di Michele Santarsiere, decisamente cinematografica, è spesso popolata da mostri dalle sembianze umane, o meglio da uomini che diventano mostri. La sua critica alla società non lascia alcuna speranza.
Il male può annidarsi ovunque e in questa serie veste abiti eleganti.
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Mente locale
Incontro con Mauro Bubbico
Progetto e contesto, storie e racconti da una remota periferia culturale
Giovedì 30 maggio, ore 15
Aula Magna, Via Taro 14, Roma
Rufa, Rome University of Fine Arts
A cura di Mario Rullo
con la collaborazione di Genny Di Bert e Gianluca Vicini
Il rito catartico di Paolo Benvegnù

S'immerge e s'infrange nel suo oceano di note e poesia, Paolo: sembra affaticato, provato, sofferente quando precipita nel fondale delle canzoni, un palombaro che pesca dallo strato più profondo una conchiglia di bellezza e la porta in superficie. Ha bisogno di prendere ossigeno, dunque, tra un pezzo e l'altro, accorda compulsivamente la jazzmaster quasi ad allentare la tensione non delle corde, ma di un'atmosfera che si solidifica all'interno del circolo Arci.
Aggiungi commento | Stampa | Invia per e-mail | Condividi su FacebookVoglia di gridare
È del tuo coro che ho paura
perché lo slogan è fascista di natura.
Storie di confino. La ribellione di Nicola

In tutte le epoche della storia vedo una folla di lavoratori che si affaticano lavorando con le proprie mani, creano strumenti, inventano tecniche empiriche ed infine procurano all'umanità le risorse che le permettono di vivere e di perpetuarsi. [...] Così non potrei dimenticare gli spiriti indipendenti che, rompendo col conformismo del mondo in cui vivevano, osarono criticarne i difetti e gli abusi; e meno ancora gli audaci che osarono denunciare l'autorità che i sovrani e le classi dominanti si arrogavano sul resto della nazione per sfruttarne il lavoro o che, all'occorrenza, affrontarono i pericoli con cui lo straniero e il tradimento minacciavano l'indipendenza della patria. [...]
Quando sfoglio le pagine del passato e i loro anonimi fantasmi escono dall'ombra, sento che dall'intelligenza sgorga una profonda emozione: una fraternità ci unisce. Finché il racconto servirà a salvare la loro memoria dall'oblio io non l'abbandonerò mai perché ai miei occhi questi uomini sono la luce della storia.
Georges Lefebvre
È stato detto che rimuovere il ricordo di un crimine vuol dire commetterlo di nuovo. Cosa si può dire di quei crimini del tutto ignorati da ogni pubblica rievocazione?
12 commenti | Stampa | Invia per e-mail | Condividi su FacebookDa Albano di Lucania al fronte del porto

Il primo maggio 1903 circa 16mila italiani addetti agli scavi della metropolitana di New York si mettono in sciopero chiedendo la riduzione dell'orario a otto ore e due dollari al giorno di paga.
Giorni dopo l'agitazione si estende a tutti i settori con lavoratori italiani.
"Essi – scrive il 5 maggio il console Branchi – pullulano in ogni quartiere e aumentano da ora in ora rendendo la situazione oltremodo difficile e pericolosa. Ieri vari leggeri conflitti fra scioperanti e polizia ebbero luogo in punti estremi tanto di New York che di Brooklin per tentativi di intimidazione a quei pochi operai che ancora si trovavano sul lavoro... Come già dissi i leader dell'agitazione non sono italiani. Essi sono i walking delegate delle Unioni Americane coi quali sarebbe inutile per me tentare di comunicare. Il fermento del resto non ha sede fissa. Esso comparisce a un tratto nei punti più disparati e all'apparire della polizia scompare come per incanto. Non si sa, nemmeno dalla Polizia, ove siano i luoghi di riunione".1
Fine delle abbuffate

Joseph Gallo, pionere dell’organizzazione del voto di scambio

Una questione ricorrente nel dibattito sull’emigrazione fra fine Ottocento e primo Novecento riguardava l’opportunità che gli italiani prendessero la cittadinanza del paese d’accoglienza. Al riguardo va ricordato che, all’epoca, l’opinione di chi intendeva tutelare il buon nome dell’Italia impedendo o limitando il più possibile gli espatri era largamente prevalente.
Fra i pochi che la contrastavano si era segnalato Francesco Saverio Nitti che in chiusura de L’emigrazione e i suoi avversari, una sorta di manifesto pro-emigrazione pubblicato nel 1888, scriveva: “È stata soltanto l’emigrazione che ci ha salvato dalla miseria e dalla crisi agraria, che ha distrutto la triste necessità dei bambini addetti a mestieri girovaghi, e che [...] è stata in faccia al mondo una vera e propria riabilitazione”.1
Guardare pensare progettare

Se prima c'erano le regole dei terzi o la sezione aurea a esprimere coordinate per muoversi all'interno della composizione di uno spazio visivo, oggi i progressi nel campo delle neuroscienze permettono un modo più consapevole e preciso di approcciarsi alla materia.
Anzitutto, bisogna sapere cosa si intende per "guardare". Non "vedere", e già quello non è questione di sole pupilla e retina. «Guardare significa prestare attenzione, osservare con in testa una qualche volontà», laddove intervengono processi cognitivi che coinvolgono miliardi di neuroni e si trascinano dietro millenni di evoluzione. Si guarda in maniera sinestetica, si investono dunque i sensi (che non sono soltanto cinque...) e, soprattutto, intervengono modelli culturali a interpretare le informazioni e costruire la visione. Ma questo, come il fatto che sia la mente a comporla (in molti casi, ad anticiparla per una questione di abitudine e probabilità) probabilmente lo sapevamo già e ora ne abbiamo scientifico riscontro. Quello di cui invece non eravamo a conoscenza è che esistono neuroni e programmi mentali che raccolgono il parallelismo, i contorni, addirittura ce ne sono di specifici per riconoscere i volti, le mani e per rintracciare il movimento.
Da Capo del Piano alla fabbrica

Marzio Pieri, uno dei più grandi critici letterari viventi, ha così scritto di Peppe Lomonaco:
Il mio incontro con Lomonaco fu dei massimamente fortuiti; una famiglia di suoi parenti (nacque e vive Lomonaco a Montescaglioso, presso Matera, la città dei Sassi) abitava sullo stesso pianerottolo di un diruto ma magniloquente edifizio settecentesco nel quale a carissimo prezzo, e non trovando di meglio, vissi dieci anni nella per me sempre inospitale Parma.
[...] Ho divagato; venne Lomonaco dai suoi e non so come fecero a farmi sapere che, per diletto, 'scriveva'. Mi sentii gelare ma cortesia voleva che io dessi una occhiata al dattiloscritto. Riconobbi, con gioia (falsa è l'immagine del critico lettore che gode a strapazzare e deprimere i possibili concorrenti, ci sono falsi critici come falsi profeti ma, per chi non si rende loro complice, riconoscibili da poche, sempre uguali caratteristiche; ad esempio la fiducia che un buon libro si legga tutto d'un fiato; ...), la presenza d'un comico naturale insolito; e lo incoraggiai a continuare. La sua storia d'un passaggio da Matera del re piccino Cagoja, al quale i provveditori della città costruiscono una macchina-cesso degna di tanto sedere, e che, per calcolo errato, pulisce al re il mostaccio invece del culo sabaudico, mi fa scoppiar le trippe ogni volta che la rileggo (Visite eccellenti si chiama il libro; e Lomonaco ha ora i suoi fans). Siccome il cervello non si placa mai, costretto a improgrammabili accostamenti, ci ho dovuto ripensare vedendo il bellissimo film di Bellocchio, Vincere (la visita del re nanerottolo a Mussolini ferito, dissero gravemente, certo non abbastanza, sul Carso, e s'ebbe un anno e mezzo di licenza, chissà quanto soffrendo per la lontananza dal campo dell'onore) [...]. Una meraviglia, dove Lomonaco, fosse magari anche per un'unica volta (ma non me lo auguro) mostra di aver capito la lezione essenziale: scrivere non è gravare la pagina di segni oscuri, si scrive sottraendo. Aria fra le parole, difficoltà essenziali nel trapasso da una frase all'altra, nelle sconnettiture del terreno ricco di dentro più che di fuori.