
S'immerge e s'infrange nel suo oceano di note e poesia, Paolo: sembra affaticato, provato, sofferente quando precipita nel fondale delle canzoni, un palombaro che pesca dallo strato più profondo una conchiglia di bellezza e la porta in superficie. Ha bisogno di prendere ossigeno, dunque, tra un pezzo e l'altro, accorda compulsivamente la jazzmaster quasi ad allentare la tensione non delle corde, ma di un'atmosfera che si solidifica all'interno del circolo Arci.
Già, l'atmosfera. Il Linea gotica è una galleria scavata nel centro storico di Ferrandina, lo trovi nel corso quasi nascosto tra i bar, qualche bottega e le macellerie che a richiesta preparano ancora il panino, retaggio di una civiltà splendidamente umana che per fortuna in provincia trova angoli di resistenza. In fondo al tunnel, la nicchia in cui si celebra il rito catartico di Paolo Benvegnù.
La monotona profondità verticale del locale ti costringe ad avvicinarti per immergerti, ma la gente è tanta, riempie lo spazio, se rimani intrappolato vicino al bancone qualcosa si spezza e l'inevitabile brusio rischia di rompere l'incanto. Laggiù l'artista costruisce la sua aura, una bolla che man mano si espande, ti avvicini e ci entri, fa caldo ma non è solo caldo, sono le sue gocce che finalmente scavano la tua schiena lentamente, con un ritmo costante. Si estende fino ad una linea virtuale di centrocampo, diciamo, poco più in là del mixer, che devi attraversare per salvarti dal fuorigioco: da lì in poi la realtà non sarà più la stessa.
C'è Andrea Franchi dietro Paolo, lo vedi appena ma lo senti eccome, suona di tutto e dispensa precisione, apparecchia l'altare su cui il sacerdote appoggia il calice e si abbandona al sacrificio. Le preghiere sono tratte da un repertorio di tre album (Piccoli fragilissimi film, Le labbra ed Hermann) intrisi di "tristezza", tende a giustificarsi il cantautore con il pudore di chi mette a nudo l'anima – intrisi di umanità, diciamo noi. Liriche intense, scandite da una voce avvolgente che proprio non riesce a nascondere la verità (la vita non ti basta / e sentirsi vivi costa), poggiate su una chitarra a tratti esile. Eppure c'è tanta speranza in quelle strofe, oppure è solo l'illusione di difendersi dalla pazzia degli uomini perché, per quell'ora e mezza, sali su un cavallo bianco e non hai più paura.
Quando il mondo si accorgerà di questo artista luminoso, di un musicista che sa comporre e recitare, trasmettere ed emozionare? Quando i suoi fedeli da pochi diventeranno sciame? Da troppi anni Paolo Benvegnù è invece un segreto custodito, forse anche con un po' di gelosia, da quelli "dal centrocampo in su".
A qualche chilometro di autostrada si sta consumando la direzione regionale del Pd, il partito regione. Lì si parla di cambiamento, di svolta, della volontà di puntare sui giovani seduti in sala. Giovani che, da questi presenti oggi ad ascoltare il concerto, distano non pochi chilometri ma anni luce.