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Franco Mazzoccoli, 07 ottobre 2010, ore 14:00

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Tommaso Balsebre

Ho conosciuto Tommaso Balsebre (Tommasino per gli amici, ma anche per gli altri) parecchi anni fa e mi colpì per la sua disponibilità, per la sua capacità di parlare con tutti, per il suo modo di raccontare storie anche inverosimili ma maledettamente reali, per il suo rituale accanimento che poneva nel cucinare, per il suo tabagismo, che lo spingeva ad acquistare stecche intere di pacchetti di sigarette che maniacalmente riponeva nel tiretto della sua scrivania in ordine cronologico per evitare che le sigarette invecchiassero, e per molte altre cose ancora.

Potrei raccontare di lui quando, seduto al suo posto di lavoro in banca, mi vide e mi chiese una MS (per i profani: una sigaretta) nonostante ne avesse diverse e di diverse marche sul suo tavolo, ma gli mancava proprio l'MS. Oppure di quando, incontrandomi per il corso, mi avvisò che la latteria Maggiore, che da poco aveva aperto il suo negozio proprio nel corso, aveva in vendita una ricotta da favola, una ricotta "sciucand'". O di quella volta, quando, nella casa di campagna di un amico comune, preparò una crudaiola con maestria di grande chef, coinvolgendo tutti i presenti nella preparazione della stessa come se stesse per celebrare una funzione religiosa. O ancora di quando raccontava, nelle caldi notti d'estate, a noi più giovani di lui inconsapevoli del tempo che trascorreva e costretti con piacere a ritornare a casa all'alba, dei suoi viaggi all'estero durante i quali portava sempre con sé spaghetti e caffettiera napoletana per deliziare gli stranieri di cui sicuramente sarebbe diventato amico o dell'episodio durante il quale, in un ristorante in Ungheria, fece suonare all'orchestra presente l'inno d'Italia, cioè "'O sole mio".

Tommasino era così ed altro ancora. I montesi lo ricorderanno sicuramente per il quotidiano che giornalmente portava in tasca sul quale appuntava indirizzi e numeri di telefono dei quali nessuno conosceva l'importanza e l'utilità.
Ma a me ora preme raccontare e descrivere il Tommasino fotografo, proponendo qualche sua foto. Perché Tommasino è stato un bravo fotografo, attento nella composizione dell'immagine, nella scelta del soggetto, nella cura dei particolari, nel rispetto delle persone fotografate. Durante qualche raro incontro mi spiegava come scegliere l'inquadratura da usare. Chiudendo la mano a imbuto se la portava all'altezza dell'occhio e attraverso questa sceglieva il taglio fotografico più appropriato.
Fotografo con la predilezione del bianco e nero, ritrasse le vie, i vicoli, i palazzi, le case, le persone di Montescaglioso, scegliendo posti che difficilmente vengono visti da persone che, svogliatamente, passeggiano per il corso. La sua attenzione verso il centro storico e verso le zone meno frequentate lo spinse a riprendere e a tramandarci luoghi modificati nel corso degli anni.

Alcune di queste foto sono qui riprodotte e vi assicuro che la scelta, fra le tante scattate, non è stata facile perché ognuna di esse ha una storia da raccontare, un particolare da evidenziare, un volto da studiare, una situazione quotidiana fermata nel tempo. Rivedendole, mi colpisce ancora la scelta di passare dal bianco e nero al colore. Immagino che non sia stato facile. Ma Tommasino supera questa sfida in maniera geniale.
Scatta una foto a colori riprendendo un imbianchino che su un muro bianco stende un colore giallo, mentre sul muro opposto è appoggiata una scopa viola con il bastone giallo e da un filo per la biancheria pendono indumenti di vario colore, il tutto con lo sfondo di un cielo rigorosamente azzurro. Era la fine del bianco e nero!
Le altre foto qui riportate sono la testimonianza della sua bravura e del suo sguardo nel rispetto rigoroso di ciò che stava fotografando. Una bella lezione di stile. Grazie, Tommasino.
Buona visione. 


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Via Torrevetere, Montescaglioso (Mt)


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Via Crocifisso e via Volturno, Montescaglioso (Mt), agosto 1978


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Via Salnetro e via Torrevetere, Montescaglioso (Mt), luglio 1978

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