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Il repertorio cameristico, come è risaputo, è nato per rispondere all'esigenza di una fruizione più intima del prodotto dell'ingegno musicale, al di fuori delle occasioni pubbliche legate ad eventi straordinari sacri o profani. È sorto per far fronte al bisogno del compositore di raccontare se stesso a pochi intimi, e di conseguenza è connotato come prodotto per intenditori e appassionati e destinato a esecutori dotati di particolari capacità espressive.
Con la costruzione di sale da concerto, di teatri e di auditorium di ampiezza sempre crescente, la musica da camera è stata consegnata alla fruizione di masse sempre più numerose. Il fatto dovrebbe far felice ogni operatore musicale e ogni compositore.
Ma sorge un dubbio: può una musica, nata e destinata per pochi, conservare le caratteristiche espressive originarie quando viene eseguita in ambienti vastissimi, anche se acusticamente perfetti? Sarebbe un po' come raccontare i propri sogni e le proprie esperienze in un talk-show televisivo, col rischio che tutto appaia preconfezionato e di cattivo gusto, come troppo spesso succede.
Eppure sono convinto che l'esecuzione di musica da camera, come la lettura in pubblico di poesia o di prosa o di un epistolario possano avere grande impatto e diventare uno spettacolo di grande efficacia per il pubblico. Si tratta in fondo di musica o di espressioni artistiche concepite "a misura d'uomo" che, in un'epoca di eccessiva massificazione e globalizzazione, in un vorticoso riversarsi di spettacoli di massa rumorosi e (se ancora è permesso dirlo) alienanti, può risultare di enorme utilità per recuperare il senso del finito e il gusto dell'artigianale.
Intanto nuove modalità di ascolto si sono sperimentate e diffuse, come le riproduzioni meccaniche di concerti su supporti sempre più raffinati e sofisticati (cd, dvd, i-pod etc.) o l'ascolto in cuffia. Si tratta di abitudini ormai consolidate e che mostrano un approccio ambiguo alla fruizione dei prodotti musicali. Perché, mentre da una parte rispondono all'esigenza di unirsi sia pure virtualmente alla massa di ascoltatori cui si desidera appartenere, dall'altra permettono di isolarsi completamente in un mondo di sensazioni e "meditazioni" collegate esclusivamente con la propria vita interiore.
Pur lasciando da parte considerazioni di igiene salutistica, l'ascolto in cuffia presenta comunque dei limiti profondi che impediscono l'autentico e salutare ascolto di una composizione musicale. Non esiste infatti nessuna riproduzione sia pure di altissima fedeltà che possa competere con una dignitosa esecuzione "dal vivo", in cui la gestualità dell'esecutore e il coinvolgimento fisico e ambientale dell'ascoltatore, che rimandano a una molteplicità di messaggi, sono insostituibili se si vuol fare dell'ascolto un fenomeno capace di creare interazione e coinvolgimento.
E allora, se uno stadio o un palauditorium, o quanto gli assomigli, non sono luoghi adatti alla musica da camera, né l'ascolto in cuffia o mediante riproduttori di alta fedeltà può soddisfare le aspettative di un approccio umano e fecondo a tale repertorio, piccole sale o piccoli teatri o, come nel caso di queste musiche, pinacoteche o musei, sono invece in grado di riprodurre l'habitat ideale per composizioni nate per essere eseguite in famiglia (allargata quanto vogliamo, ma mai eccessivamente numerosa).
I quadri, d'altra parte, non sono stati anch'essi creati, nella maggioranza dei casi, per accompagnare lo scorrere della vita quotidiana nell'ambiente familiare o nei luoghi di studio e di meditazione?
La pinacoteca è l'ambiente dove vibrazioni luminose e vibrazioni sonore possono mescolarsi, suscitando, mi auguro, vibrazioni interiori, senza le quali ogni vita si appiattisce e degrada.
A differenza dei prodotti di altre arti, una partitura musicale nasce e ottiene la sua completa attualizzazione nel momento in cui viene eseguita.
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Foto: Mario Cresci, Matera Luoghi d'affezione, ed. Vanni Scheiwiller, dicembre 1992
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