Storie di finali e di finalisti
Eccoci. Siamo rimasti in tre. Manca un’ora e mezzo alla finale di Arezzo Wave Basilicata. Entriamo nella sala Piko e Aris, che suona le percussioni nella Sit band che accompagna Alea, è alla batteria. Ci dicono che in realtà è lì a giocherellare e sfogarsi già da un bel po’. Poi qualcuno si aggiunge al piano, così lui continua a giocherellare, ma stavolta al microfono. E canta anche bene, oltre a essere un provetto ballerino di reggae music. Vado a farmi un giro. Quando torniamo trovo nuovamente lui, stavolta con Pasquale, il trombettista della band, che guarda un vecchissimo video su youtube: James Brown al Teatro 10 di Cinecittà. Storia. Cercano di imitarne lo stile e i movimenti e c’è da dire che il risultato non è neanche poi così fallimentare.
La musica non è morta, non qui
Da Mutonia al Cecilia il rock'n'roll viaggia e il sound lucano ci culla.
Storie di check, chiacchiere e birra
La sala Piko del Cecilia mi ha sempre affascinato. E non necessariamente per il fatto che si lega a una storia o perché sono la solita superfan dei luoghi intimi e raccolti, ma perché è uno dei pochi posti in cui qualunque tipo di band ci suoni non ti sembra fuori posto. Conosciamo molti music club, posti o locali in cui vai a sentire gruppi pop-rock o jazz o dj-set di elettronica e in cui sarebbe fuori contesto un live etno-folk o una rap battle. Mentre qui, nonostante ci sia venuta spessissimo, per la prima volta oggi noto questa cosa.
Il rito catartico di Paolo Benvegnù
S'immerge e s'infrange nel suo oceano di note e poesia, Paolo: sembra affaticato, provato, sofferente quando precipita nel fondale delle canzoni, un palombaro che pesca dallo strato più profondo una conchiglia di bellezza e la porta in superficie. Ha bisogno di prendere ossigeno, dunque, tra un pezzo e l'altro, accorda compulsivamente la jazzmaster quasi ad allentare la tensione non delle corde, ma di un'atmosfera che si solidifica all'interno del circolo Arci.
Voglia di gridare
È del tuo coro che ho paura
perché lo slogan è fascista di natura.
A tenere su la vita con un paio di bretelle
Forse ha ragione la donna delfino
che la vita è proprio come te la immagini tu:
ad ognuno la sua verità,
la sua dose di fantasia.
C'è chi odia la gente quando accende la tv,
chi l'ha data via per niente e chi non ce la fa più,
chi sorride alla morte in un giorno d'amore,
chi sta in fila da anni, chi non può più aspettare.
E tu, aggrappata ad un angolo di cielo a guardare
questo mondo che si infiamma,
che si abbraccia o si scanna;
ci sei tu,
con il culo per terra
e il morale alle stelle,
a tener su la vita
con un paio di bretelle.
Brunori sas, Fra milioni di stelle
Non importa
A volte è solo questione di descrizione. Provi a descrivere quello che pensi, quello che sei, con gli strumenti che hai, con il linguaggio che ti appartiene, nel modo più sincero possibile. Ogni tanto ti riesce.
Sicuramente riuscì a quei tre che, senza saperlo, si caricarono addosso il peso di un'intera generazione e, con il linguaggio più diretto e universale per i ragazzi, la musica rock, lo riversarono su un album dal titolo Nevermind. Il disco uscì il 24 settembre 1991. Esattamente vent'anni fa.
Caparezza. Eretico tour
Non siete Stato voi, servi, che avete noleggiato costumi da sovrani con soldi immeritati, siete voi confratelli di una loggia che poggia sul valore dei privilegiati come voi che i mafiosi li chiamate eroi e che il corrotto lo chiamate pio e ciascuno di voi, implicato in ogni sorta di reato fissa il magistrato e poi giura su Dio: «Non sono Stato io!»
Caparezza, Non siete Stato voi (Il sogno eretico, 2011)
Due ore di musica, cascate ciclopiche di suoni, di parole, luci, immagini e colori, vertiginose animazioni, travestimenti, spettacolo, animazioni, ritmi rap, parole irriverenti, sarcasmo, parodie cinematografiche, protesta, evocazione di fatti storici, poesia futurista e inni alla vita con totale coinvolgimento del pubblico, che ha cantato insieme a lui per tutto il concerto. Un concerto senza biglietto, tutto dedicato agli operai della Fiat di Melfi in lotta per campare la famiglia e per la pensione. Legalize the premier!
La Scentifica nel ricordo di Piko
Scivola sulle parole emozionate di Nino De Natale, che ci ha suonato insieme e per la durata di un pezzo evade dalla trincea del mixer e prende posto dietro ai piatti; riaffiora dal pozzo di insolite tonalità basse in cui si cala, per lo stesso pezzo, Serena Renna; ondeggia sulle corde a cui si aggrappa forte la voce di Ugo Bezzi il ricordo di Paolo Pecoriello. Brucia, lo spirito di Paolo, soprattutto nell'interpretazione de La Scentifica: è alcol etilico su quei tizzoni ardenti che sono le chitarre di Andrea e Valerio, il basso di Raffaele, la batteria di Simon.
Datemi una leva
Carpon carponi, strisciando lentamente e avanzando a zigzag sul soffice e colorato tappeto del soggiorno, il piccolo Rocco s'imbatté in una gamba nera e luccicante. Non era lo stivaletto di pelle scura e matta della mamma, la cui voce matura e intensa gli giungeva dalla cucina: non gli era mai capitato di vedervi riflesso un volto in movimento e, comunque, mai quella gamba restava silenziosamente immobile quando si sforzava di abbarbicarsi ad essa aggrappandosi ai lembi della lunga gonna di seta e cercando di raggiungere la posizione eretta.
Annotazioni sul repertorio bandistico
C'è un luogo comune che accompagna solitamente il dibattito sulla banda musicale e che, come tutti i luoghi comuni, ha la sua parte di verità. L'assunto è che la banda ha svolto una rilevante funzione sociale col portare la musica colta nei luoghi e nelle comunità meno dotate di strutture e disponibilità ad accoglierla. Ed è certamente vero quello che si dice quando si pensa alla penuria di teatri, orchestre e mezzi finanziari che ha caratterizzato e ancora caratterizza purtroppo un buon 80% del territorio italiano, dislocato prevalentemente al Sud, dove però i complessi bandistici hanno dato e danno il meglio di sé, divenendo spesso modello per altre esperienze in campo nazionale ed internazionale.